PROGETTISTI: DELISABATINI architetti + D’Andria + UTECO
ANNO: 2008
DESCRIZIONE: Concorso di Idee per l’allestimento del Museo del Pane
LOCATION: VILLAURBANA (OR)
COMMITTENTE: Comune di Villaurbana
COLLABORATORI: Federico Marchi, Giovanni Battista Manai
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L’antica casa Lai, dalle solide ed austere strutture murarie ci consegna una spazialità introversa, varia e articolata, tutta risolta all’interno del suo perimetro murato. Interni caratterizzati da ambienti di dimensioni e altezze anche ridotte, spazi compressi, si affacciano su tranquille e protette corti in pietra di dimensioni diverse.
In questo contesto, l’intervento è stato concepito con l’obiettivo di riorganizzare, secondo una precisa strategia, l’intero museo, con un allestimento leggero e poco intrusivo, realizzabile in più stralci funzionali, che non comportino alcuna modifica della struttura dell’edificio ma al tempo stesso in grado di mutarne radicalmente la percezione attuale dotando il Comune di Villaurbana di una struttura dalle più elevate prestazioni culturali.
L’edificio, per la sua conformazione, si presta ad una riorganizzazione secondo più chiare fasce funzionali tale da assicurare un funzionamento flessibile della struttura:
una prima fascia, costituita dalle due corti maggiori con il corpo basso che le divide, adatta per quegli usi più immediati e non prettamente espositivi quali il bar-bookshop, la sala proiezione e il laboratorio con la possibilità di godere delle due corti adeguate per ospitare avvenimenti e manifestazioni culturali, senza interferire con la zona espositiva; una seconda fascia, nel corpo centrale della casa, articolata in una successione di ambienti allineati, un’infilata di salette che sviluppata su due livelli sovrapposti ospita la sezione espositiva dedicata al vero e proprio ciclo del pane; infine, una terza fascia, a cavallo tra interno e la piccola corte esterna, dedicata all’esposizione permanente o temporanea di opere di artisti attinenti al tema del museo e alla sala del forno.
Lo spostamento dell’ingresso dal corpo centrale allo spazio passante compreso tra questo e il corpo basso, ha consentito di liberare e rendere interamente fruibile senza interruzione la successione di sale del nucleo centrale entro le quali allestire l’esposizione relativa al ciclo del pane e di adibire il corpo basso alle altre funzioni evitando interferenze e assicurando la possibilità di un uso più flessibile, anche separato, di assicurare maggiore continuità tra le due corti attraverso il nuovo ingresso passante.
L’intervento si manifesta all’esterno solo con pochi ma incisivi elementi:
La fontana dei mesi, elemento lineare che attraversa lega e riqualifica le due corti attraverso il nuovo ingresso, ribatte l’orientamento delle fasce funzionali e della facciata. Un segno d’acqua che anima e colonizza con il suo discreto commento sonoro le corti, scorre tra i piedistalli di dodici opere permanenti anche di grandi dimensioni che rievocano momenti e memorie dell’agricoltura, riti ancestrali e festività del ciclo del pane.
I cinque pannelli rotanti che dialogano dalle finestre con i passanti, inviano messaggi e immagini sempre diverse secondo una logica interattiva.
Lo schermo urbano, grande parete cieca della corte intermedia che l’elevata altezza rende visibile nel panorama urbano, intonacata, vede appesi gli stendardi scorrevoli delle manifestazioni culturali promosse e diviene luogo deputato per le proiezioni all’aperto, manifesto visibile del museo nella comunità.
All’interno, l’allestimento si differenzia nelle tre aree espositive: le sale della luce e le sale del buio relative al ciclo del pane e le sale dell’arte:
Il ciclo del pane, nei suoi momenti fondamentali dalla semina al consumo, è rappresentato in una successione di ambienti alternativamente bianchi e neri, nei quali si rievoca continuamente l’aspetto ciclico e sostanzialmente immutato nel tempo, legato al rincorrersi delle stagioni e all’agricoltura, di questo processo; nelle sale della luce i momenti principali del ciclo: al piano terra la semina, il raccolto, la molitura esauriscono l’attività esterna collettiva, mentre il secondo piano è dedicato all’attività prettamente femminile della panificazione, pane quotidiano e pane rituale, dimensione intima nell’ambito tradizionalmente domestico.
Mentre nelle sale della luce è l’uomo e le sue vicende che si manifestano, nei gesti antichi e immutati, nei volti, nella fatica e nelle infinite storie passate ormai dissolte, espressi attraverso la luce, la materia e il mutare nel tempo; nelle sale nere, che si alternano alle bianche, si piomba in uno spazio rarefatto e straniante dalle sonorità attutite dove l’oggetto, visibile nella essenza pura della sua forma esibita, caricata di millenari sedimenti simbolici si esprime: una costellazione di forme che si librano entro evanescenti cubi in vetro su di un nero assoluto; in una atmosfera assorta, la materia così effimera dei pani ci tramanda forme e contenuti tanto duraturi e immutati . I pani e i reperti archeologici, diversi nella loro materia costitutiva convivono nello stesso spazio accomunati dalla medesima provenienza, plasmati dalla mano sapiente dell’uomo.
Nella luce è il mutevole, lo scorrere del tempo, il rinnovarsi infinito degli attori protagonisti, nel nero è la stasi, l’immutato, la sospensione atemporale della forma; il continuo passaggio dall’uno all’altro significa un continuo ricominciamento che è evoluzione ma al tempo stesso ritorno all’origine.
Le sale della luce, nel ciclo del pane, mantengono inalterato l’aspetto dell’ambiente rustico esistente con i suoi diversi materiali, cotto, intonaco e legno, concentrando l’esposizione degli oggetti e dei documenti al centro dell’ambiente in una grande teca modulare in vetro che con la sua trasparenza si pone discretamente al centro della sala, prevedendo una fruizione del pubblico intorno ad essa; sull’involucro, sulle pareti bianche, gigantografie, frammenti di brani scritti, proiezioni di documenti fotografici e filmati attinenti, mentre i grandi oggetti sono disposti al suolo.
Le sale nere nel ciclo del pane, invece, risultano del tutto private del loro attuale aspetto da una cablatura, da un nuovo involucro nero inserito all’interno dell’esistente, sostegno delle teche espositive dei pani e dei reperti archeologici che sono disposti al contorno; le teche così come sono state concepite, di diverse misure secondo il contenuto, offrono anche la possibilità di disposizioni diverse potendo scorrere sulle guide di sostegno. Il visitatore si muove dunque al centro della sala buia circondato dalle presenze luminose delle teche che si stagliano su fondo nero con il loro contenuto esposto come preziosi gioielli.
Nelle sale dell’arte, affiancate alla fascia di sale dedicate al ciclo del pane, le opere d’arte si collocano su piedistalli dalle dimensioni diverse che colonizzano indifferentemente lo spazio delle tre sale interne e della piccola corte esterna, consentendo il filtrare dei visitatori tra le opere.
Un intervento in grado di promuovere intorno alla sua realizzazione un fervore culturale più ampio, affiancando alla esposizione esclusivamente dedicata al ciclo del pane, anche una presenza assai qualificante di opere d’arte relative al tema del museo, coinvolgendo il mondo dell’arte in un commento colto in grado di stimolare più profonde riflessioni nei visitatori, distinguendo con un portato di maggiori contenuti questo museo dagli altri del medesimo circuito.