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PROGETTISTI: DELISABATINI architetti 
ANNO: 2009-2010
DESCRIZIONE: Grotta di Sale
LOCATION: ROMA
COMMITTENTE: Salbea
COLLABORATORI: D. Rocchio


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PUBBLICAZIONI:
http://www.ar-architettiroma.it/images/riviste/89/AR-89-web.pdf

L’insolito tema della grotta di sale artificiale, ormai ampiamente diffuso nel nord est europeo, e non solo, viene affrontato per la prima volta in Italia con esiti di tale rilevanza dimensionale e formale.
La grotta riproduce naturalmente, senza uso di impianti, mediante i soli materiali utilizzati nella sua costruzione, l’atmosfera satura di microelementi salini tipica delle miniere di salgemma che, in Polonia e in altri paesi del nord Europa, sono ormai storicamente impiegate a scopi curativi per diverse patologie tra cui quelle respiratorie.
Il nostro apporto come architetti è consistito nel mediare la richiesta della committenza, relativamente a tre fondamentali condizionamenti che inevitabilmente hanno determinato e influenzato lo sviluppo della proposta progettuale, concependo un intervento sì, di ridotte dimensioni, ma dotato di quella dignità spaziale mancante a molti corrispondenti esempi esteri. 
Il luogo è la prima condizione imposta ed esso contiene una contraddizione evidente.
Questa è una attività che richiede ambienti con una spazialità così eccezionale ed inconsueta, tale da avvicinarsi a quel tema della discontinuità urbana, che generalmente connota tutte le funzioni dal carattere eccezionale distinte dal tessuto abitativo; si inserisce, invece, mimetizzata all’interno di un normale tessuto edilizio di base quale quello tipico degli intensivi della zona Tuscolana a Roma.
Questo carattere di unicità si manifesta, naturalmente, più in termini di qualità che in termini di quantità dimensionale dello spazio, trattandosi di un intervento dalle modeste dimensioni.
Il tema, nuovo e stimolante, è principalmente quello di una grotta di sale artificiale, dotata dei relativi necessari locali accessori di contorno, compresi due locali-box per attività correlate e una zona, quella dell’atrio, più propriamente legata al commercio.
La forma è la terza condizione imposta, relativa all’ambiente della grotta: una unica sala che riproducesse, oltre che dal punto di vista microclimatico anche dal punto di vista spaziale, una ambientazione realistica delle miniere di salgemma dell’est europeo.
La strategia dell’intervento si basa su due operazioni progettuali fondative elementari: dividere e unire.
Dividere: il piccolo locale di 140 mq, originariamente ambiente unico pilastrato, viene diviso in due parti uguali, secondo un segno spezzato dall’andamento vagamente diagonale, generando due ambiti distinti e contrapposti; un muro innalzato a separare due realtà, quella più lontana dall’ingresso, più nascosta, contiene il mondo informale della grotta, luogo da raggiungere e da scoprire, contrapposta a quella più vicina all’ingresso, più svelata, immediatamente visibile e accessibile dalla strada, contenente il mondo formale e geometrico dell’atrio e dei locali accessori.
Unire: un percorso fisico, percettivo e sensoriale, dall’andamento spezzato, collega le due parti, conduce il visitatore alla grotta, accompagnato dalla presenza anche sonora dello scorrere dell’acqua. Lo spazio, stereometrico, geometrico e ortogonale dell’atrio, si deforma lungo il percorso che, ambito di contaminazione tra le due diverse concezioni spaziali, preannuncia, con una invasione di materiale diverso, l’imminente e inaspettata realtà materica della grotta.
Una pesante porta di ferro protegge e isola la grotta dalle interferenze esterne, per quanto già notevolmente attenuate dal filtro dell’atrio, che si pone principalmente come luogo di decantazione delle tensioni derivanti dalla città.
In sintesi due microcosmi opposti, concepiti come due cavità.
L’una, governata da una logica formale tutta geometrica, dove la monomatericità dell’involucro la rende assimilabile allo scavo in una materia unica, nella quale si agisce per sottrazione, totalmente intrisa dell’astrazione del bianco, pervasa da una quieta luce diffusa che ne evidenzia le volumetrie, animata dalla affiorante presenza sonora dell’acqua. La materia, relegata entro nicchie, fa la sua apparizione sotto forma di rocce di sale che galleggiano rilucenti sospese nella luce come preziose gemme. L’atrio, generato da un solido primario, si contrae e si dilata secondo le esigenze funzionali che accoglie.
L’altra, invece, è la spazialità informale della grotta che si svincola totalmente dall’involucro edilizio rigido e regolare che la contiene. Acquisendo l’andamento libero e naturale, perdendo tutti i riferimenti ad un ambiente costruito, è una cavità pseudonaturale spiazzante e straniante, in un contesto edilizio cittadino, nella quale si addensa il peso e la ruvidità della materia litica e nella quale emerge, dall’ombra del suo antro, la dimensione onirica e fantastica che risuona di echi e memorie ancestrali. Il contrasto sorprendente tra queste due realtà è accentuato dalla estremizzazione dei loro caratteri.
Ecco, il visitatore improvvisamente travolto dall’inaspettato scenario magico e surreale, opposto all’algida realtà che si è lasciato alle spalle, che spiazzato si aggira tra materiali e suoni della natura, risvegliando dimenticate esperienze sensoriali, camminando in una caverna su una spiaggia di sale.
L’acqua, è l’elemento naturale fondamentale dalle valenze sacrali che rilega le due parti; è una quieta presenza sonora che abita la cavità dell’atrio e si manifesta, dapprima, affiorando geometricamente sulla sommità di un monolite, percolando lungo i suoi fianchi e raccogliendosi entro un segno a terra che ci affianca nel percorso di avvicinamento alla grotta; all’interno di questa, perde l’andamento tranquillo per scorrere più rapida, gocciando in tre piccole cascate, liberando rilassanti sonorità e benèfici microelementi salini in corrispondenza di fratture che alludono a fasci di luce  provenienti dall’esterno.
La sala d’attesa è un ambiente accogliente e defilato, direttamente accessibile dall’atrio, dove una seduta continua permette una breve fase di rilassamento e di preparazione emotiva che precede l’accesso e la seduta nella grotta; qui una parete microforata e retroilluminata emana una luce soffusa.
Tutti gli altri locali accessori, i bagni e le due salette per usi diversi, sono ricavati in spazi e cavità esterne all’atrio, non visibili da questo, celati dietro discrete porte invisibili, e trattati con il medesimo principio di continuità materiale che, nel colore caldo impiegato, producono una atmosfera morbida e avvolgente.
I materiali sono, per la grotta, sali di provenienza diversa, dai grandi blocchi di salgemma polacchi e himalayani al fine Sale del Mar Morto; per tutti gli altri ambienti la resina è stato l’unico materiale impiegato, per il suo aspetto continuo e monolitico, ma differenziato, cromaticamente, tra l’atrio e gli altri ambienti interni.